Fa un po' l'effetto della neve ma non così suggestivo. La brina è un simbolo
di mediocrità climatica, se vogliamo. Mi espongo ma non troppo, vedere ma
non toccare. Se la temperatura rimane sottozero allora la brina diventa
importante, si dà un tono, diventa coraggiosa al punto da aggredire. Quando
il gelo dura parecchi giorni non sono certo si possa ancora parlare di
semplice brina. La brina quando s'impunta va a formare veri e propri
ghiaccioli e se esce il sole è capace di ferirti agli occhi con milioni di
riflessi cristallini. E' allora che ti senti un'impurità nel mondo svaroschi
che un dio a forma di vecchia zitella ha messo sul comodino. Questo succede
quando si esagera con la brina. Una brina moderata è più accettabile, passa
inosservata; una semlice infarinatura che ora c'è e ora non c'è più, man
mano che viene coperta dalla gialla e stanca e obliqua luce invernale. Oggi
c'è la brina e passi, ma la differenza è data dall'aria. Secca. Tersa, come
dicono i poeti. Si vedono i campanili di paesi di cui non sospettavi nemmeno
l'esistenza fino a ieri. Si vedono le montagne farsi vicine vicine, come se
il tessuto del mondo si stesse restringendo. Allora pensi che la brina è un
sintomo, che la brina è la pelle d'oca di quando vieni braccato da un
attacco di panico e ti vien voglia di qualcuno che ti abbracci e ti tenga
stretto per qualche istante, il tempo di ritrovare quel poco di coraggio
bastante. La brina rende tutto fragile e delicato, sia dentro che fuori.
Infatti l'erba scricchiola sotto i piedi e ti fa pensare che si stia
rompendo sotto il tuo peso. Ti muovi e rompi tutto quel che tocchi:
romperesti anche l'incantesimo del pesaggio a guardarlo troppo intensamente.
Socchiudi le palpebre e lo guardi come guarderesti una sposa che ha perso la
strada per l'altare e vagabonda nei campi, smemorata, incredula, eppure
felice, inconsapevolmente libera. E la brina è un abito da sposa di una
donna che nessuno ha voluto sposare. Poi non riesci più a fare a meno di
accorgerti del sole, perché a un certo punto il sole esce. Lo fa sempre.
Esce e riaccende la vita negli occhi della sposa, le scioglie il vestito
addosso mentre lei allarga le braccia e piange di gioia. Dopodiché è un
giorno come un altro, senza più brina, senza più sole. Senza campanili
dall'ombra lunghissima e montagne giunte da lontano. Rimane solo la nebbia e
una gran voglia di coprirsi le gambe con un plaid e restare così, a guardare
il crepuscolo dalla finestra, abbandonati in poltrona, ad ascoltare i
borbottii dei ciocchi che bruciano nel camino. Crepitii che squalificano
nostalgie e lagnanze, scoppiettii che si mischiano al ricordo del luccichio
riflesso da miliardi di cristalli.